Il testarolo

Manifesto del testarolo pride

Il testarolo pride a Pontremoli: un appuntamento durante il quale i ristoranti locali esaltano, con grande creatività, le tante qualità di questo prodotto.

Testarolo Pride: una festa dedicata al testarolo

Il testarolo: come nasce?

Per sapere qual’è l’origine del testarolo, dobbiamo fare un salto indietro, di alcuni secoli, nella storia pontremolese per scoprire l’origine del testo: un recipiente di cottura indispensabile per produrlo.

Il testo

Il testo è un recipiente della cucina pontremolese che, particolarmente adatto per cucinare le carni, ha trovato però il suo impiego più diffuso nella realizzazione del testarolo.

Quest’ultimo è infatti l’elemento base del piatto più rappresentativo della cucina pontremolese e, grazie all’apprezzamento tributatogli, oggi, viene esportato in tutto il mondo.

Nella sua prima versione, risalente alla seconda metà del XVII secolo, il testo era realizzato utilizzando la locale argilla che, unita a polvere di quarzo, veniva cotta presso una fornace presente nelle vicinanze di Bagnone.

In seguito alla terracotta venne preferita la ghisa perché meno soggetta a rotture, in virtù di una una maggior robustezza.

Questo recipiente si compone di due parti, entrambe circolari ed aventi un diametro di circa 40 cm. La parte sottostante, chiamata sottana è il vero e proprio contenitore mentre quella soprastante, la soprana, fdotata di una forma conica, funge da coperchio.

Nel suo utilizzo più frequente, la creazione dei testaroli, la sottana una volta arroventata sul fuoco vivo, accoglie una pastella composta solo da acqua, farina e sale dopo di chè viene ancora lasciata, per un paio di minuti, a contatto con la fiamma per poi esserne allontanata e coperta con la soprana in modo che l’insieme, simile ad un piccolo forno, possa portare a compimento la cottura.

Ovviamente, questa pratica difficilmente si concilia con una normale cucina.

Pertanto, coloro che con essa si cimentano, così come si faceva una volta, utilizzano spazi esterni o creano piccoli locali dedicati esclusivamente a questa attività.

Testarolo di Pontremoli: un articolo in cui si spiega come e chi lo fa

Ma…come nasce il testo? E perché si chiama testo?

Senza la gotta non ci sarebbe il testarolo

Giovanni Battista Lomellini
Giovanni Battista Lomellini

Nel 1647, il Doge di Genova, Giovanni Battista Lomellini, unitamente ai feudi di Giovagallo e Castagnetoli, acquistò, dagli Spagnoli Gonzaga, il possedimento di Pontremoli. Città che, nell’occasione, intese visitare e presso la quale soggiornò per alcuni giorni.

Afflitto da una fastidiosa gotta che lo costringeva ad un attento regime alimentare, in tale circostanza, oltre ad alcuni funzionari qualificati, portò con se un cuoco, Chokri, proveniente da Tabarka , una piccola isola tunisina.

La cosa non deve destare stupore, infatti tale isola, con un passato da colonia romana, era stata data in concessione alla sua famiglia, i Lomellini, nel 1540, dal signore di Tunisi.

Un gesto di riconoscenza per un favore ricevuto.

Infatti,, interessato alla liberazione corsaro turco Dragut, catturato durante uno scontro in mare da Giannetto Doria, aveva potuto riabbracciarlo solo grazie all’intercessione di Giacomo Lomellini, che in amicizia stretta con la famiglia Doria, ne ottenne la scarcerazione

Grazie a Chokri, il testone

E se per la storia, quella fatta da signori, eserciti, battaglie e conquiste, Chokri non ha alcuna importanza molta ne riveste invece per la cucina pontremolese.

I love Chokri

Infatti le donne pontremolesi, associate nei servizi di pulizia, all’interno della casa dove il Doge aveva preso alloggio, furono attratte dalla particolarità dal recipiente che Chokri utilizzava in cucina: composto da due elementi concavi in terracotta, uno più profondo in cui veniva posizionato ogni tipo di alimento e l’altro di forma conica che fungeva da coperchio.

Nello stesso tempo, ed anche questo si rivelò essere un dettaglio non privo d’importanza, incapaci di pronunciarne correttamente il nome ma impressionate dalla smisurata circonferenza del suo capo, da subito, nei loro racconti Chokri venne indicato come il Teston.

Peraltro, in breve, i racconti delle donne, volutamente distillati con parsimonia di dettagli, diedero origine ad una comprensibile confusione linguistica.

Il teston con una piccola elisione divenne “testo” e tale termine venne inoltre indistintamente utilizzato anche per indicare quel recipiente di cottura.

Peraltro sia pure attraverso l’assaggio dei soli avanzi, chi aveva avuto l’opportunità di fare questa esperienza, il personale di servizio nella residenza del Doge, non mancava di magnificarla ogni volta che ne aveva occasione.

Poi, il Doge ripartì ed insieme a lui se ne andò anche Chokri ma a quel punto entrò in scena una caratteristica tutta femminile: l’ostinazione!

Una donna del luogo, quella che aveva avuto l’incarico di supportare il lavoro del cuoco, nella circostanza sopra menzionata, non volle arrendersi.

Sulla base di semplici descrizioni, aiutandosi anche con qualche rudimentale disegno per meglio rappresentarlo, insistette con il proprio marito affinché realizzasse un analogo utensile di cucina.

Le difficoltà incontrate ed a lei rappresentate non furono sufficenti a farla desistere, talchè, la stessa, accompagnata di malavoglia dal consorte si recò presso una fornace che, a Vico, nei dintorni di Bagnone lavorava l’argilla.

Lì vide la luce il primo testo pontremolese.

A questo primo esemplare ne seguirono molti altri, che per oltre un secolo vennero realizzati con il solito materiale, fino a quando alla fine dell’800, per ovviare alle frequenti rotture cui i testi andavano soggetti, la terracotta venne sostituita con la ghisa.

Oggi, chi vuol comprare i testi può farlo presso una delle due ferramenta presenti in Pontremoli: De Negri e Lumachelli mentre chi vuol mangiare i testaroli li troverà nel menù di ogni ristorante pontremolese noncheè presso tutti i negozi di alimentari, le panetterie e le latterie perché a pontremoli…il testarolo è RE!

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